Lui disse "esco" ed uscì.
La donna rimase in casa ad attenderlo.
No, forse no, rimase in casa,
semplicemente. Non pensava a lui.
Lesse qualche pagina della rivista che
era sul divano, preparò un tè ma non lo bevve, chiamò un amica e
si ricordò del tè. Ne bevve un sorso, fece una doccia e finì il
tè.
Poi non sapeva più che fare. Iniziò a
sperare che lui tornasse. Da sola era inutile fare qualsiasi cosa.
Giusto?
Cioè, lui sarebbe tornato e lei avrebbe dovuto smettere. Era
inutile anche cominciare.
Si sedette di nuovo sul divano, grande,
comodo, ma lui non arrivava. Fissava l'orologio, quel vecchio regalo
di un tempo felice, e quello, tacito insulto, pareva procedere ancora
più piano. Aspettarlo la logorava, decise di non attendere più.
Adesso aveva tutta la libertà davanti
a sé. Poteva fare quello che voleva. Poteva fare tutto quello che si
negava da anni, poteva uscire adesso oppure dopo. Niente mai da
valutare. Smise di sperare che lui tornasse, anzi no, iniziò a sperare
che non si presentasse mai più.
Però... come faceva ad avere la
sicurezza? Un'ora, un giorno, una settimana, quanto doveva aspettare
per sapere che lui non sarebbe più tornato? Non poteva vivere così,
appesa nell'incertezza, senza potere sapere mai se quello che sperava
si sarebbe avverato. Lui sarebbe sempre potuto tornare, in qualsiasi
momento.
Alla fine decise che, tornato o no, per
lei non sarebbe cambiato nulla.
Nessun commento:
Posta un commento