La grande casa è silenziosa, una
quiete irreale regna tutt'intorno. Il prato al'inglese perfettamente
curato, la magnolia mostra al mondo le prime gemme della stagione;
nel luminoso salotto una giovane, cingendosi le gambe al petto, sul
morbido divano bianco, legge un voluminoso libro.
È sola.
I rumori più insignificanti prendono
forma per sottolineare la sua solitudine, ogni suo gesto è lento,
fluttuante. Quella villetta è bella, certo, ma a lei non piace;
quell'esistenza lussuosa è allettante, sì, ma lei preferirebbe la
sua vita di prima.
Aspetta con ansia il suono del
citofono, un'anziana signora rotondetta e gioviale, maestra
elementare in pensione, nonchè sua vicina, verrà a farle visita per
il tè. Insieme mangeranno la crostata di more, infornata nella
mattinata, e la giovane penderà da quelle rugose labbra, prosaiche
confidenze di inestimabile valore.
Anni prima lei era una pasticcera,
giovanissima, bellissima, sempre stanca, una pasticcera che lavorava
nel cuore di New York. È ancora giovane ma guarda la sua vita
scorere inerte, è ancora bella ma spenta, non è stanca ma non c'è
più niente da fare in questa terra straniera. Ha seguito un uomo e
continua ad aspettarlo, ogni giorno, ogni sera, lui tornarà per
chiudersi nella piccola palestra in taverna o in uno dei tre studi al
piano superiore.
Ilary ha sposato un uomo di successo.
Ilary è la moglie di Giacomo.
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