lunedì 24 giugno 2013

Un uomo cammina agile


Nell'affollata strada serale un uomo si confonde tra gli altri; cammina agile, passo dinoccolato, lo sguardo fisso al suo obbiettivo. La mascella serrata contorce in una smorfia, quel viso assai bello. Bello sì, ma un bello antipatico, snervante, una bellezza presuntuosa che di armonico non ha nulla.
Attraversa la strada senza guardare, urta i passanti e non si volta, è inghiottito dai rumori ma non vi presta caso. Sembra assorto nei suoi pensieri ma non è così, rimugina i suoi pensieri, il che è diverso.
Molto diverso. È cattivo.

Lui è Giacomo, un uomo triste, un uomo che, nonostante il suo grande successo, è insoddisfatto. Dopo quel primo grande boom, e a quei tempi era solo un ragazzo di talento, l'escalation alla fama non si era fermata, una belva che ha sentito l'odore del sangue; quanti viaggi, quanti scatti, quante soddisfazioni, lui non era mai pago.
Ricordava tutti i sorrisi alle premiazioni, quei gesti così meccanici per mascherare il suo disprezzo verso gli altri fotografi. Ogni premio, ogni applauso, ogni sorriso era un gradino in più. Lui doveva diventare il migliore. La gloria avrebbe cancellato quel senso di vuoto che sentiva da sempre, avrebbe sopperito alla sua solitudine. Avrebbe preso una rivincita verso coloro che non lo avevano mai amato, verso coloro cui non era mai riuscito a farsi amare. Avrebbe dimostrato di essere il più grande.
Solo quello voleva.
E ci stava riuscendo? Ovvio, che ci stava riuscendo; anzi, durante il suo ultimo viaggio negli States, aveva conosciuto la più dolce e sexy ragazza americana e l'aveva sposata.
Lui non era solo bravo, era bello, e fortunato. E nuovamente si rodeva per riuscire a fare invidia agli altri fotografi. I neri capelli si erano ingrigiti per lo stress, ma si consolava bene; la sua bellezza non veniva sminuita, brizzolato ed occhi azzurri, evocava un certo fascino.
Neppure trent'anni, una villa da sogno, un matrimonio da film, e continuare a girare il mondo per aumentare fama e soldi. Non bastava mai.
Già a quei tempi non era felice, doveva ammetterlo, sarebbe stato questione di mesi, forse anni, prima o poi avrebbe raggiunto il massimo successo, quello che desiderava. Continuava a porsi obbietivi, raggiungerli, ed ecco che altri apparivano davanti, una corsa folle senza fine.
Poi... quel grande errore!
Ilary, la mogliettina a stelle e strisce, sembrava così triste per tutte quelle assenze, per dover rimanere sempre al secondo posto, per quell'insensata e continua fame di gloria che lo accecava in tutto il resto. Decise di lasciare la vita da free lance e farsi assumere nella redazione del miglior mensile della città. Le riviste se lo contendevano, quasi un piacere sessuale.
Si era convinto di ambientarsi bene.
L'ultimo arrivato e già tra i primi per importanza, gli altri fotografi che non valevano nemmeno il suo alluce sinistro, giornalisti che lo avrebbero pregato di curare i loro pezzi... Illuso; quella bramosia, che neppure prima si spegneva, adesso bruciava di fiamme infernali.
In più Ilary non sembrava troppo felice per il cambiamento.
Tornava a casa e si chiudeva nella sua piccola palestra domestica, o in uno dei suoi studi, cercando di placare quel fuoco e di capire perché quella stupidella della moglie era triste. Lei, intanto, lo sentiva rincasare, ma non poteva godere della sua compagnia, e ancora più triste l'espressione si disegnava nel suo volto.
Infine, la redazione; Giacomo non la sopportava più.
Si ostinava a lavorare da solo, teneva lontani tutti, non si piegava alle richieste dei superiori, litigava con il direttore, considerava i colleghi poveri idioti, preoccupati solo dalle loro piccole banalità; la cena di redazione, i regali di Natale, la partita di calcetto, senza pensare a quello che è davvero importante, la fama e il successo.
Pochi mesi, lui è già allo stremo.
Quasi giunto a casa, un isolato o poco più, un sorriso si apre sul quel volto sempre teso, accelera l'andatura, si concede il lusso di fischiettare; un idea ha appena preso forma nella sua mente.

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