venerdì 14 giugno 2013

La valigetta


A pensarci ora sembra quasi ridicolo, ma quella mattina ebbi davvero paura.
Ero partito per un viaggio di affari. Solo, sebbene fosse molto, molto lontano, sebbene fossi assai giovane e il mio viso pulito sembrava quello di un ragazzino. Sebbene le tensioni internazionali fossero forti.
Dovevo fare scalo in una città dimenticata, sconosciuta ai più e a me, fece ritardo l'aereo e io mi ritrovai là, ci fu un disguido e io mi trovai a passare la notte in quel luogo deserto.
Mi armai di un libro e di molti caffè, le ore trascorrevano lente e la mia stanchezza mi confondeva le idee.
Albeggiò e pian piano la sala d'attesa ricominciò a popolarsi. A me si avvicinò un giovanotto, la faccia scura e una 24h nella mano destra.
Me la tieni? Vado in bagno.
Pronunciò le parole in un goffo inglese.
Annuii tranquillamente, sbadatamente direi.
Attesi a lungo e quello non tornava. Non so se fu il sonno che mancava, o sarebbe successo ugualmente, un sudar freddo mi invase la schiena, e un panico assoluto mi catturò.
Iniziai ad essere convinto che fosse una bomba, non avevo effettivamente controllato che fosse entrato nella toilette. Nessuno oltre a me era testimone.
Potevo dare l'allarme.
E se non lo era? Tralasciamo la figura che avrei fatto, in quel paese dove non conoscevo la lingua. A che pro scatenare tale allarmismo? Gli animi era abbastanza tesi, in quelle settimane, non c'era motivo che io, per un nulla facessi scattare l'allarme, però...
avevo paura, contavo i minuti, i secondi, salutavo in cuor mio chi avevo più caro.
L'uomo tornò, mi sentii un idiota, ma quell'analisi di coscienza mi fece in fondo assai bene.

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