Ad attenderlo all'aeroporto c'era,
come nei programmi, l'autista. Trattasi, costui, di un ragazzo del
luogo, con sulle guance una morbida peluria.
Giacomo, sulle prime, dubitò
fortemente che sapesse guidare un automobile; parlava in italiano
stentato, ma con un accento veramente buffo, capiva tuttavia alla
perfezione ogni parola e si reggeva in piedi su due gambette fine
fine, da gazzella.
Per pochi spiccioli Giacomo si assicurò
il suo supporto per tutta la durata del soggiorno. E veementemente lo
pregò, influenzato forse da film di bassa lega, di non chiamarlo
Capo. Il ragazzo lo guardò stupito, non avendone mai avuta la benché minima intenzione. Lo chiamava altresì Giacomò, non riuscendo a
pronunciarne il nome senza quell'accento sull'ultima sillaba.
Un'altra persona ne avrebbe riso; il fotografo ne era invece
visibilmente seccato. Il ragazzo non se ne accorse, o non lo diede a
vedere. Partirono alla volta dell'hotel, nell'area centrale e
occidentalizzata della città; Amadou, così aveva detto di chiamarsi
il ragazzo, alla guida e Giacomo accanto.
Durante i primi giorni il fotografo non
si recò al lago, ma decise di visitare Dakar, seguito dal docile
Amadou. Passeggiavano tra i viali polverosi, passando di mercato in
mercato, e il ragazzo soddisfaceva tutte le curiosità dell'italiano.
La sera Giacomo, sdraiato nel letto della moderna e confortevole
camera, mentre lottava con le zanzare, che nel paese sembravano
essere sovrane, ripensava alle nozioni apprese. Rimembrava le
ritmiche musiche udite lontano, i profumi che provenivano da ogni
dove, i colori sgargianti, le stoffe variopinte dei commercianti.
Doveva entrare nell'ottica del luogo, respirarlo a fondo, prima di
vederne i colori e poterne fotografare l'essenza.
Dopo quattro giorni si sentì pronto e
chiese ad Amadou le indicazioni stradali per giungere al Lago Rosa.
Quando partiamo Giacomò?
Fu la pronta risposta del ragazzo.
Non partiamo, vado da solo.
Giacomo non si sarebbe mai immaginato
di dover discutere riguardo ciò con quel ragazzetto. Amadou non
voleva assolutamente lasciarlo partire solo. Adduceva mille motivi,
alcuni dei quali chiare fandonie. È pericoloso. È facile perdersi.
Non è un posto per turisti non accompagnati. Potrebbero esserci
animali feroci lungo la strada. Giacomo, ovviamente, non si piegò.
La mattina seguente Amadou gli consegnò
le chiavi della vecchia jeep e il fotografo partì con la fedele
reflex al seguito. Il ragazzo aveva avuto, in parte, ragione; la
strada era accidentata, per percorrerla impiegò molto più tempo del
previsto.
Durante il percorso continuava a
rimuginare sull'arroganza del suo accompagnatore. Non ho bisogno di
nessuno. Sono il migliore nel mio campo, non devo aver seguito quando
fotografo. Arriverò completamente solo alla gloria.
Lo spettacolo che lo attendeva valeva
più di qualsiasi strada accidentata.
Tutto come si era immaginato, forse
meglio. Gruppi di uomini già inmersi, con i loro bastoni per
recuperare il sale dai fondali, cumuli salini alle rive con cartelli
indicanti il nome delle famiglie di appartenenza, tour guidati lungo le
sponde zigzagavano tra essi, bambini affamati, a frotte, che
tentavano di vendere ogni sorta di souvenirs.
Il fotografo iniziò a vagare, cercando
l'angolatura da cui svolgere il suo lavoro; i ragazzini non attesero
molto prima di affollarglisi intorno. Solitamente i turisti compravano
sempre qualcosa da loro, quest'uomo qui era diverso. Li scacciava in
malo modo, non capivano le parole ma il tono offensivo era
inequivocabile, un paio si guadagnarono anche un calcio negli
stinchi, per esser stati troppo insistenti, e imprudenti da essersi
troppo avvicinati.
Alcune ore dopo; Giacomo si era fermato
a riposare, stremato dal sole che, con il riverbero delle rosee
acque, era insopportabile. Trovò riparo sotto alcune frasche,
garantivano almeno una magra ombra. Fu allora che i ragazzini
tornarono a lui intorno; in un impeto d'ira si slanciò verso uno di
essi, mentre la sua adorata reflex dolcemente scivolò nelle mani di
un'altro del gruppo, un piccoletto ricciolino, come tutti in quel
luogo d'altronde, che fuggì con animalesca agilità.
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