Mi stavo abituando qui, era così
giusto, era così bello.
Ci svegliavamo tutte le mattine presto,
il sole ci accarezzava e intorno a noi solamente il silenzio.
Mi piaceva qui, in mezzo a questa
natura, con la figlia del fattore che veniva a vendere le uova e
dalla terrazza sul tetto vedevo le mucche. Mi piaceva andare al
ruscello a prendere l'acqua e cogliere i fiori per i nostri vasi.
Nostri non proprio, ma lasciamo
perdere.
Mi piaceva stendere la biancheria con
l'odore dell'erba tagliata, per sentirmi meno sola. Mi piaceva
mettermi il fazzoletto in testa e dar da mangiare alle galline,
attendere te con la bicicletta arrugginita tornare a casa.
Nemmeno un anno ma questo era ormai il
mio mondo, speravo di rimanere, di restare ancora un po' ancora un
po' di più.
E invece no, anche questa volta tu non
ti senti più sicuro, di nuovo vuoi andartene, siamo braccati di
nuovo, dici. Ma non è vero e lo sai, sono soltanto le tue fobie, non
ci prenderanno mai e tu insisti, continui a fuggire. Più dal senso
di colpa che da loro, ormai. Ma non ci puoi fare niente, è la tua
vita una colpa continua.
Domani ce ne andremo di nuovo, in punta di piedi come siamo arrivati, ce ne andremo lontano per impossessarci
di altre due vite, rubare l'identità chissà a chi, e vivere
defilati.
Da tutto e da tutti.
Aspettando nuovamente il momento di
partire ancora.
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