Frasi che volevano uscire, pensieri a metà, dialoghi rubati, descrizioni bloccate in volo, incipit mai continuati, personaggi vissuti un giorno, stralci di capitoli che non ci sono più, articoli postati... e qualcosa di me
domenica 31 marzo 2013
venerdì 29 marzo 2013
Lunga attesa
Si trovò del tutto bloccato, inerme
nella sua condizione. Non poteva far altro. Gli ordini erano stati
chiari e netti, non era difficile. Aveva fatto quello che doveva e
poi aveva aspettato l'autorizzazione per procedere. Questa
autorizzazione non arrivava e ciò costituiva il problema.
Certo, se avesse avuto più libertà
non avrebbe agito a quel modo, ma gli ordini erano fin troppo chiari
e precisi.
Prostituzione intellettuale, una mera
mano esecutiva, altro che libertà.
Ma il tempo stringeva e lui non poteva
procedere. Già da prima non ce ne era tanto, adesso poi, con questa
inutile attesa, sarebbe stato un tour de force. Incredibile riuscire
a finire entro i limiti. Ma fino a che non arrivava il via libera non
poteva. Odiò la sua posizione, per la centesima volta in quei mesi, e
si sedette ad attendere.
Ormai lo sapeva, finché non aveva una
risposta non riusciva a fare altro, non sarebbe riuscito ad
organizzarsi in niente.
Sedette vicino al telefono, lo sguardo
fisso al muro, armato della più grande pazienza.
Un certo languorino gli solleticava lo
stomaco e si accorse che era ora di pranzo, ma non si alzò. Anche
recuperare qualcosa da magiare era fuori dalle sue attuali capacità.
Eppure dopo, nelle lunghe ore di lavoro frenetico e senza sosta,
questo pasto gli sarebbe tornato uitle. E i suoi superiori erano
probabilmente davanti a un tavolino. Non importava, non riusciva a
concentrarsi su nient'altro non fosse l'attesa, la lunga attesa che
caratterizzava quel suo dannato modo di essere.
mercoledì 27 marzo 2013
Maggy
Quella notte non dormì, come le
precedenti. Appena la luce fece capolino tra le fessure della
tapparella, con passo stanco si diresse verso il bagno. Formaggio,
tutta la casa odorava di formaggio da quando Maggy l'aveva lasciato.
Lui se ne rendeva conto e non riusciva a mandarlo via, era questo il
punto.
Si bagnò la faccia e nello specchio
vide solo l'ombra dell'uomo che era stato. Che era solo fino a poco tempo fa, finché c'era lei.
Maggy, ancora la sua saponetta colorata
sopra il lavabo, ancora i suoi asciugamani con il ricamo in fondo,
ancora il suo accappatoio di spugna pesante.
Quelle occhiaie lo facevano sembrare un
fantasma, occhiaie blu sul bel viso sciupato.
Con gli occhi semichiusi aspettò che fosse pronto il caffè, anche il fischio della moka pareva un lamento.
Prima che Maggy se ne andasse gli preparava tutte le mattine la
colazione e lui la guardava, appoggiato alla porta, ebbro di gioia.
Poi si sedevano e mangiavano insieme.
Uscì di casa come uno spettro e non gli
interessava di tornarci presto. Quando lei lo aspettava a sera
agognava il tramonto ogni minuto.
Nulla le rimaneva di tutto ciò che
aveva prima, solo una pietra cui portare fiori.
lunedì 25 marzo 2013
Fuori posto
Entrammo e, a poco a poco, gli occhi si
abituarono all'oscurità. Nella leggera penombra riuscivamo a
distinguere chiaramente le sagome degli oggetti che ci circondavano.
Ricordo che solo una cosa mi colpì
davvero, una cosa di cui mi accorsi all'ingresso e che mi accompagnò
per tutte le ore trascorse all'interno. Mi scosse con violenza e la
mente incominciò a vagare cercando di trovare un collegamento.
Fu l'odore, un buon odore, e nel
contempo un odore sbagliato. Una palazzina disabitata da anni, una
palazzina dimenticata, una palazzina diroccata non dovrebbe avere
quell'odore. Dovrebbe essere muffa, chiuso e umidità. Stantio e
olezzo. L'odore della vita lasciata morire all'interno di vecchie
mura. Odore di cantine e di ricordi persi nel tempo, ma non era
quello.
Odore di erba tagliata, odore di sole e
di luce, odore dei pomeriggi di primavera di un'infanzia lontana.
Odore di marmellata e di pic-nic su di un prato. Odore di un aquilone
che non vuole ubbidire. Odore delle risate di ingenua felicità.
Era un bell'odore, denso di ricordi e
di immagini lontani, ma quell'arroganza di trovarsi fuori luogo
nauseava, puzzava ipocrisia.
Samuele estrasse una torcia e iniziammo
la visita, Simone rimaneva in disparte come se non fosse interessato.
Io, dal canto mio, mi chiedevo se anche gli altri percepissero quello
stesso mio odore. Neppure Catia aveva detto una parola, lei che zitta
non stava mai. Almeno a quell'epoca.
Salimmo lungo una scala pericolante e
una serie di camere si aprì al nostro sguardo. Tutte distrutte.
Macerie, calcinacci e qualche topo insofferente. Una era più grande
delle altre, vi entrammo.
Era parimenti malmessa. I resti di un
comò rimanevano, senza ragione palese, in piedi. Su questa intatta,
senza motivo apparente, una bottiglia di vino coperta dalla polvere.
La pulii alla meglio e la presi in
mano. Una buona annata di un buon vitigno. Non c'era alcun motivo per
essere lì, intatta poi. Neppure noi quattro avevamo alcun motivo e
neanche quell'odore, che persisteva.
Era come se quel luogo fosse il tempio
delle azioni fuori posto.
venerdì 22 marzo 2013
L'altalena
Al grande albero c'era appesa
un'altalena. Era la sua. Per ore si dondolava, scorrevano i
pomeriggi, passavano le stagioni, quell'altalena era sempre con lui.
Qualsiasi problema l'altalena lo
risolveva. La mamma arrabbiata, le note della maestra, la minestra
cattiva. Non importava, piegava le gambe e andava più su.
Si sentiva vivo, dimenticandosi di
esserci. In mezzo ai fiori in primavera, sotto il sole dell'estate,
nel vento dell'autunno, con il freddo dell'inverno.
Poi comparvero le scatole e casa sua
pian piano si svuotò, parlavano i genitori di cose che non capiva.
Si rifugiava sull'altalena e stava bene, quello che non capiva non
esisteva più
lo fecero salire in macchina, vedrai
che bella la casa nuova. Era vero, era bella, era in una città
diversa, più grande e più bella ancora. Ma non c'era l'altalena,
pianse un poco, i primi tempi, poi non ci pensò più.
Si era rassegnato, ma non aveva dimenticato.
Divenne grande ed ebbe un figlio, e la
casa divenne troppo piccola. Comparvero nuovamente le scatole e lui e
la moglie parlarono di cose che il bambino non capiva.
Tornarono nella vecchia città, in una
casa vicino all'altalena.
Il bambino era cresciuto con i
videogiochi di guerra, non ci volle mai salire.
Gli faceva paura.
mercoledì 20 marzo 2013
Autobus
E mi ritrovo di nuovo a scrivere parole
che forse nessuno leggerà.
L'autobus è pieno di volti della sera,
la strada dritta sotto noi scorre.
Sbanda rallenta accelera di nuovo, noi
tutti qua e l'arrivo ancora non lo sappiamo. Un volto mi guarda, è
familiare, ma non so chi sia, ancora non so.
L'aria è fredda al di là del
finestrino, allettante invita a nascondersi tra le ombre della sera.
Forse potrei non arrivare, scendere e
nascondermi in bui androni della città che riposa. Potrei vagare,
complice l'oscurità, e trovare una meta che non aspetto. Ma non sarà
così.
Fischia l'autobus e i treni stridono,
in questa strada così uguale, per ognuno diversa un po'.
Andare, venire, tutti hanno un dove,
forse anche io, sparso in qualche posto.
Siamo arirvati? Questo è dunque il
capolinea? A me non piace, sarò sincera, credo che rimarrò qua
ancora un poco, a cercare una fermata che rechi il mio nome.
lunedì 18 marzo 2013
Gocciole
Erano biscotti, per la precisione
gocciole. Mi guardavano dal loro contenitore arancione, nuovo nuovo e
bello lucido. Suvvia tutta la cucina era rifinita di arancione quindi
quelle gocciole erano esattamente dove dovevano essere.
Avevo molte cose in quel momento, men che mai fame però, per un arcano e oscuro, quanto prosaico e
ovvio, motivo mi ritrovai a pensare a quale sapore hanno mai le
gocciole.
Non lo sapevo, nella mia mente avevano
molti sapori, ma nessuno in particolare. È forse sbagliato dire
sapori, sensazioni appare più giusto.
Le gocciole erano il tardo raggio di
sole della domenica mattina e il pigiama rosa di una bimba. Un termometro sul comodino e il vecchio vassoio rosso sbeccato, con il
tè ormai tiepido. Le gocciole erano le colazioni da liceale con
l'ansia per il compito e una musica martellante nelle orecchie. Il
sapore del latte che non posso più bere. Le gocciole avevano il
sapore di una città lontana e di una birra con sconosciuti nel
cuore della notte. Le gocciole erano la scrivania della tesi, colma
di appunti e briciole. Erano anche il profumo di un amore lontano, la
penombra quieta di un'angusta cameretta. Furono anche quel viaggio,
chilometri e chilometri nell'autostrada della notte.
Le gocciole del bambino cui davi
lezione, le gocciole con la vecchia amica, rivista dopo tanto.
Prevalse la curiosità e ne assaggiai
una, la porta si aprì in quel preciso momento e lei entrò.
Da allora le gocciole ebbero un solo
sapore, il sapore del suo volto bagnato dalla pioggia.
domenica 17 marzo 2013
venerdì 15 marzo 2013
L'addio
Una fioca luce illumina l'ambiente,
sulla sedia pieghevole la schiena duole, continua solerte il suo
lavoro.
Un foglio che il tempo aveva reso
giallo, una penna da poche lire, come molte altre, una tovaglia con
le macchie di sugo. Vecchie.
Erano anni che l'uomo non scriveva così
tanto, gli doleva la mano, il cervello ancora di più. Trovare le
parole non era facile, lo sapeva già da prima, gli era parso di
averle tutte nel chiarore del tramonto, quando si era seduto.
Illuso, non vanno così le cose, i
pensieri s'inceppano, proseguire è complicato.
Le gocce che dal rubinetto del bagno,
da anni non si chiudeva bene, inesorabili scendevano gli ricordavano
la sua solitudine, nella grande casa vuota.
Lei sarebbe tornata solo al mattino,
finito il suo turno, lui non ce la faceva più, crollò, addormentato
sulla tavola ancora apparecchiata.
Aprì la porta, la donna stanca con le
pesanti occhiaie. Lo vide lì, con la testa abbandonata accanto alla
lettera, terminata a metà.
La lettera in cui la lasciava.
Lei la lesse e la stracciò, poi fino
al letto riuscì a portarlo, finalmente poté dormire. Furono sogni
tranquilli..
Di quella mattina non parlarono mai, ma
ancora insieme felici, vivono.
giovedì 14 marzo 2013
Le patatine fritte fanno bene? E mangiare tanta frutta e verdura aiuta ad essere ottimisti…. forse.
mercoledì 13 marzo 2013
La stanza
Era comica la situazione, davvero non
pensavano di finire a quel modo.
Tutto doveva concludersi in un paio di
giorni, di questo erano sicuri. Lo erano stati sempre. Quella camera
doveva servire solo per appoggio, niente di più.
Vuoi vederla, aveva chiesto lui.
Lei aveva scosso la testa e quel chilo
di lacca che si portava sempre dietro si era fatto sentire. Come ogni
volta. Lui storse il naso. Come ogni volta.
Poi dovette vederla, altroché, e più
di una volta, dovette prenderci confidenza.
Le coincidenze furono molte, avete
presente tutta quella serie di circostanze per cui non sembra vero,
non sembra possibile che stia accadendo tutto insieme, tutto a quel
modo? Andò proprio così.
Si ritrovarono senza un posto cui stare
e andare là fu l'unica soluzione possibile, per entrambi.
Trascorse un mese ed erano sempre là,
quella stanza era diventata una sorta di casa per loro. Non vi era
niente, di loro, solo l'essenza, quella sorta di profumo che non si
sente ma che impregna ciascuno di noi; si era trasferita a quegli
squallidi muri.
Pochi oggetti personali sparsi in giro
completavano il quadro.
Anche le risposte attese rimanevano
nell'aria e quel senso d'instabilità, che da sempre gravava sulle
loro vite, non si era ancora dissipato.
Ripartiremo, pensava lei a ogni
risveglio, ma ogni giorno le sembrava sempre più lontano,
impossibile, inutile, il partire, il lasciare quella stanza.
martedì 12 marzo 2013
domenica 10 marzo 2013
Il concerto
Paolo entrò nella stanza e le fece
volare un cartoncino da sopra la testa. Con lentezza micidiale
atterrò sul tavolo, da lì era solo un anonimo foglio come altri
uguali.
Il biglietto del concerto che ti sei
persa, le disse e se ne andò.
Ricordava quella sera, lontana,
la ricordava con affetto, seppure ai tempi vivesse nell'amarezza.
Giorgia lo prese in mano per guardarlo
bene, non aveva nulla di speciale, anonimo biglietto di un concerto
come tanti.
Paolo l'aveva lasciata, voglio il mio
tempo, aveva spiegato. Ma gli occhi erano bassi e lei non aveva mai
creduto. Un'altra donna, dicevano le sue mani, rigide nel tener
quelle di lei. Aveva letto così e crederci non voleva, viveva nel
dubbio, nel desiderio e nell'incertezza e quei giorni non passavano
mai.
Che lui andasse a quel concerto ne era
sicura, era una certezza che non aveva bisogno di prove.
Prese la macchina e partì, verso
quella discoteca fuori città. Era sabato sera e pioveva, ognuno
aveva un programma per quella notte. Lei voleva solamente rivedere
quell'uomo che un tempo era suo e adesso non sapeva di chi.
Le si fermò l'auto e altro non potè
che chiamare l'assistenza. Lui era lontano e si divertiva, non voleva
chiamarlo e ricordargli della sua presenza, così, in panne.
Attese a lungo e tra le trame di quella
pioggia fitta vide le linee del suo futuro. Adesso sapeva cosa fare.
venerdì 8 marzo 2013
Donna del passato
Erano trascorsi molti anni, e molte
cose erano cambiate da quando prese quella decisione così difficile,
la più difficile in assoluto.
Erano stati anni belli e dalla vita
aveva ottenuto tutto quello che aveva desiderato e anche più, ma,
c'era un ma.
C'erano notti in cui non riusciva a
dormire e in cuor suo il tarlo rodeva e rodeva, mai sazio di far
male, c'erano momenti in cui le sembrava di udir quella voce, confusa
tra tante altre, quella voce dimenticata e da dimenticare ancora.
C'erano giorni in cui si ricordava di altri giorni e un groppo alla
gole le impediva il respiro.
C'era, cosa c'era poi?
C'era un marito che amava, c'erano tre
bambini che crescevano belli e sani, c'era un lavoro che le piaceva,
c'era una casa grande e accogliente e c'era una donna del passato che
tentava ancora di sopravvivere.
giovedì 7 marzo 2013
Ancora due settimane per la decisione del Tar. Il Lazio attende
mercoledì 6 marzo 2013
martedì 5 marzo 2013
Seconda vita
Mi piace da sempre, ritrovare appunti
che il tempo aveva fatto suoi. Ritrovarli dopo anni e provare a
ricordare, e cercare di capire, e imparare a immaginare. Mi piacciono
le pagine ingiallite e le parole che si distinguono appena, dove la
fantasia tutto può ancora.
Sono storie di momenti passati,
istantanee di mattine, pomeriggi e sere e notti pure, con la penna
nella mano e le gamba accavallate, come adesso.
Io li appunti non li ricordo mai, però
i momenti, quelli sempre.
Ricordo il maglione verde bottiglia, il
freddo di quella sera, la luce gialla di quella notte che non finiva
mai, ricordo tavoli ingombri e rumori dalla strada. Vivono ancora,
attuali, tra le righe di frasi senza più perché.
Già, perché conservarli? A che fine
leggere "16:00 casa di Gigi"? Chi è Gigi e dove abita? In
quale città? Non lo so più, posso inventarmelo, nessuno me lo
vieta. È una vita diversa e nuova, è una seconda vita di cui non
saprei l'esistenza.
domenica 3 marzo 2013
16 Gennaio
Maria si svegliò di buon ora e si
vestì con cura. Preparò un caffè e lo bevve tutto, poi ne mise a
fare un altro, subito dopo.
La casa era vuota, come ogni mattina,
ma le pareva strana, 16 Gennaio, lo aveva segnato sul calendario con
un cerchio rosso e un punto esclamativo per ricordare.
Tra tante altre era una data speciale,
doveva però ancora scoprirne il motivo. Aveva chiesto un giorno di
ferie per essere libera da ogni incombenza.
Iniziò a rassettare l'ambente, anche
se era tutto in ordine e lindo.
La telefonata l'aveva ricevuta mesi
prima da una voce sconosciuta ma familiare, suadente e gentile da non
farla riattaccare subito, come di solito faceva.
Non le aveva detto però il nome, prima
si era accertato che fosse lei. Molte domande di un tempo remoto,
accenni precisi a fatti lontani.
Chiunque fosse doveva averla conosciuta
davvero bene, un tempo, oppure conoscere qualcuno a lei assai vicino.
Fu molto bravo ad evitare le sue
domande, le disse solo di attenderlo il 16 del mese Celeste, come lei
chiamava Gennaio da bambina, attenderlo e aspettare una bella
sorpresa.
Maria era impaziente e un po'
arrabbiata, se il suo ospite avesse tardato ancora il caffè si
sarebbe freddato.
Lo squillo alla porta la fece
sobbalzare.
La pagina che non c'era
venerdì 1 marzo 2013
Iscriviti a:
Post (Atom)