domenica 24 febbraio 2013

La discarica

Aveva una giacca a vento marrone e il vento gli scompigliava i lunghi capelli grigi. Con un'età indefinita, in piedi vicino al piccolo gazebo, un mozzicone di sigaretta nella mano callosa e il suo piccolo bastardino che gli saltellava intorno.
Non aveva un nome, il cane, e, in fondo, non era nemmeno suo. Un giorno era comparso lì e di una carezza aveva fatto la sua casa. Compariva ogni mattina con la sua andatura sghemba e, fattosi buio, si ritirava tra le ombre della notte. L'uomo non sapeva dove andasse a dormire e, in fondo, non gli interessava. Gli faceva un poco di compagnia nei giorni più vuoti e questo era.
Alcuni giorni erano mortali, non passava neppure un auto. In altri andava meglio, arrivavano in fila dalla città a pochi chilometri e lasciavano i loro ferri vecchi. Lui indicava i cassoni giusti, dava una mano a scaricare anche.
Guardava le facce, studiava i sorrisi, calcolava gli accenti. Si sentiva in compagnia, anche solo per un minuto.
Poi le auto ripartivano, riportavano i guidatori alle loro vite, belle, brutte e mediocri. Lui rimaneva là con il suo cane che non era nemmeno suo, il suo mozzicone sempre a metà e quel volto che non conosceva tempo. Da anni era questa la sua vita.

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