Lei gli disse, torno subito, e si alzò.
Il locale era affollato, un prato
ingombro di tavolini e sedie. Gente ovunque, accalcata a gruppetti,
sdraiata sui morbidi cuscini appoggiati sull'erba. Non si passava.
Lui rimaneva lì, a guardare i loro due
bicchieri vuoti.
La notte era tarda ma il calore non
aveva abbandonato l'aria, una musica soffusa si diffondeva
tutt'intorno.
Fendette il muro di persone, sgusciò
tra braccia gambe e busti di conversazioni che non le appartenevano,
si fece largo tra vite che non conosceva.
Raggiunse il bancone, troppo alto anche
per i suoi scomodi tacchi. Una folla le si radunava davanti, compatta
le sbarrava la strada.
Solo due birre, pensava, ma pare
un'impresa. Il barista lo conosceva, provò a chiamarlo, inghiottita
da altre voci. Si sbracciava la ragazza, tentando di destare
l'attenzione.
Era bella, e ben vestita, un po' fuori
luogo in quella confusione. Il ragazzo al tavolo aspettava, paziente,
attendeva con ansia il ritorno di lei. Lei che da così poco aveva
conosciuta, lei che così tanto nella vita era entrata, lei che
davanti a quel bancone nessuno considerava.
Urtò il braccio dell'uomo che le stava
di fronte, e questi si girò. Occhi chiari, capelli scuri e un
sorriso bellissimo quando la riconobbe. Trent'anni o giù di lì.
"Quanto tempo, che piacere!"
baciandole le gote abbronzate.
Lo incontrava sul tram, qualche anno
prima, presero un caffè qualche volta insieme, lui era così dolce,
e così bello. Qualche volta la chiamava, mai niente d'importante.
Era qualche mese che non
s'incrociavano.
"Lui è il mio fidanzato" le
disse appena dopo, e lei una mano strinse, forte e callosa.
Probabilmente non ero il suo tipo,
pensava lei, tornando al tavolo.
Alla birra aveva rinunciato.
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