Immerso nei miei pensieri mi accorsi
che il treno si era fermato solo quando ripartì. Alzai gli occhi, e,
per qualche istante, non notai la differenza. Fissavo la poltrona di
fronte a me, vuota, e mi chiedevo cosa non andasse nella mia visuale,
giravo gli occhi nello scompartimento, smarrito.
Ero solo, nulla che non andasse, il
treno lentamente acquistava velocità, sempre di più il paesaggio
scorreva rapido alla mia destra, la luce della mattina coccolava i
colori.
Poi lo vidi, che non c'era, cioè, non
lo vidi e allora capii.
Il mio compagno di viaggio era sceso,
in silenzio mi aveva abbandonato al mio andare, aveva sfiorato la mia
vita con le sue esperienze ed era saltato giù.
Un peccato non averlo potuto salutare.
E fu allora che ebbi un comportamento alquanto ridicolo; mi alzai e
andai a sedermi là, dove prima galleggiava lui, per percepire il
calore del suo corpo, per convincermi che non avevo soltanto sognato
la sua presenza. Le mie valige, da quella prospettiva, apparivano
estranee, enigmatiche, freddi esseri senza storia.
Rialzandomi lo trovai, era il quaderno
che custodiva la sua scrittura veloce. Lo soppesai tra le mani, lo
osservai meglio...
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