giovedì 6 dicembre 2012

Un incontro


Caro Bonsai,
devo narrarti un'estate quanto meno singolare.
Triste? Rassegnata? Lenta letizia?
Non lo so, la mia vita è un puzzle dove finalmente si scorge l'immagine principale.
Mi aspettavo mesi terribili, mi aspettavo il ricordo dei miei cari genitori pugnalarmi in ogni mio gesto, mi aspettavo di non bere più caffè alla mattina, adesso che non è più mia madre con le sue piccole mani forti a stringere la moka per il dolce risveglio della famiglia.
Eppure a fine inverno ho potato l'altea, così come mio padre mi aveva spiegato. Le mie mani si muovevano guidate dalla sua voce, la sua voce di quando stava bene, non la voce rotta dalla malattia che ho sentito l'ultima volta. A luglio è fiorita per lui, per l'amore di mia madre, per la mia vita che deve, nonostante tutto, andare avanti. Non credevo di riuscire, anche quest'estate, di allevarla con amore, senza sentire la costante e quieta presenza materna, nell'orto alle mie spalle. Ma lei è cresciuta, fiera, dichiarazione di eterna speranza.
Anche la mia piccola serra sta crescendo, e un giorno diventerà una grande serra rigogliosa, di una bellezza senza pari. Io vi entro dentro e sono nel mio mondo, sono a casa, sono circondata dalle persone che amo di più. La serra è il mio passato, è la mia esistenza presente, è il grido di vita verso il futuro.
A Laguna tutti sono molto gentili con me, il loro cambiamento di atteggiamento mi ha stupito. Fino a un anno fa ero la figlia di Mauro, l'amabile giardiniere, adesso sono la donna dei fiori, ho anch'io un'identità propria. Hanno capito la mia scelta e, credo, tacitamente approvata; hanno lenito il mio dolore con il silenzio e il rispetto.
Quando qualche signora, scusandosi impacciata per il disturbo, viene a chiedermi consigli sul suo giardino, o quando qualche innamorato, muovendosi sula punta dei piedi, entra da me per comprare un regalo alla sua dama, capisco la stima che mi sono guadagnata. Mi sento Laguna fino al midollo, vivendo quasi fuori dal loro mondo.
La serra di Sonia, indicando la mia casa, lo dicono sottovoce. Sonia, la ragazza delle piante. Questo sono e non potrebbe essere altrimenti.
Talvolta mi capita di pensare all'esperienza di un anno fa, alle parole rivelatrici di mio padre, alla lettera di confessione di mia madre, ma sono solo attimi. Sono gli attimi in cui ho più chiaro, nella pelle, il motivo per cui sono diversa. Immagino mia nonna, chissà se anche lei provava quel che sento io. Ho partecipato a consiglio tre volte, adesso so che non devo averne paura, non c'è niente di preoccupante.
Quando, la sera, finisco con le mie piante, spesso è così tardi che non ho voglia neppure di cenare, rimanere in casa, col cielo buono e le stelle amiche è uno spreco per la natura; spesso vado a respirare la solitudine del mare.
È in queste sere che ho fatto amicizia con Marino, un uomo solo quanto me, un uomo che come me non è mai solo perché ha una passione che dimora dentro; Marino vive di mare, di pesca e di sapore salmastro sulla pelle. È giovane, ma sembra già vecchio; sembra senza età.
Mi ha fatto subito una buona impressione perché assomiglia, fisicamente, molto a mio padre, lo stesso piccolo corpo coriaceo, le mani dal lavoro indurite, ma, appena ha aperto bocca, ho capito che tra lui e il buon Marino c'è in comune solo la bontà. Parole lente, avvolgenti, cullano come la litania delle onde, la litania della sua vita. Le parole di mio padre erano fresche, vivaci, premevano per uscire, erano le parole dei virgulti di primavera.
Marino trascorre le sue serate seduto a riva, ripensando a certe leggende passate, di cui è gran conoscitore. Non sapevo, ma già, io del paese non so nulla, che ci fossero ancora uomini che pescano sulla loro piccola barchetta a remi. Lui, Noce, non l'abbandonerà fino a che non colerà a picco, anche se dovesse rimanere l'unico uomo non imbarcato sui pescherecci. Nella notte ne custodisce il sonno, una mamma con il bambino.
Noce?
"Mio padre la chiamava così, molti anni da farmi dimenticare quanti, per farmi ridere. Diceva perché era che andava veloce; è sopra lei che mi ha insegnato a pescare; è sopra lei che ho capito quale sarebbe stato l'unico senso della mia vita."
Non c'è amarezza nelle sue parole, nè gioia, nè delusione nè felicità, solo una placida passione rassicurante.
Quante sere abbiamo passato insieme! Due atomi a condividere una solitudine di pace. Poche parole coprivano lo sciabordio, costante sottofondo dei nostri delicati convegni...

1 commento:

  1. E qui il libro si spense, agonizzò un poco, sembrò riprendersi, ma ormai... niente da fare...

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