martedì 4 dicembre 2012

Giovanni


La stessa storia, identica a ieri, medesima a una settimana fa, con la vecchiaia, le mie sere sono diventate tutte uguali, prima non mi succedeva così.
Termino le mie silenziose preghiere, in ginocchio sul duro pavimento, a Dio affidando me in anima e corpo. Una volta steso sul mio vecchio letto, il corpo si ribella, il sonno sfugge, l'insonnia mi assale. Non c'è antidoto.
Le mie labbra ricominciano a muoversi, il silenzio delle preghiere cancellato dal tono della mia voce, ancora calda e profonda, nonostante i settant'anni alle porte. Non parlo più a Dio, parlo a me stesso, mi racconto la mia vita, a me medesimo quasi fossi un estraneo, ripercorro lunghi anni, scivolati via lievi. È l'unico modo che funziona, per addormentarmi, ho provato tutto, solo questo funziona.
Da giovane il mio sonno era profondo e caldo, adesso, un punto lontano cui giungo solo nel cuore della notte o alle prime ore dell'alba, quando va bene.
Altrimenti rimango sdraiato, fino al suono della sveglia, a ripercorrere le tappe che conosco benissimo, notte dopo notte, io, le macchie di umidità sul soffitto, i suoni che fluiscono dalle mie labbra.
Non dovrei lamentarmene, Dio mi ha concesso la Grazia di giungere alla vecchiaia in salute, devo accettare la mia insonnia come uno dei suoi doni; eppure, ogni notte, è inevitabile ricordare, da giovane era tutto diverso.
I miei racconti partono proprio da là, ogni sera; talvolta riesco ad arrivare fino ad oggi, talvolta ho la fortuna di assopirmi prima. Stasera spero davvero di riuscire a dormire verso i quarant'anni, cinquanta al massimo; domani, un incontro importante attende.
Negli anni, fisicamente, sono cambiato poco; i capelli brizzolati mi accompagnano da sempre, a quanto ricordi. Gli occhi chiari non hanno perso lucentezza; solo il mio corpo, con il tempo, si è rimpicciolito.
Dicevano, da ragazzo avevo il fisico più prestante di Laguna; in realtà mai ci ho creduto, fino in fondo. Però tutti i torti non li avevano. Adesso continuo a teneremi in forma, ma, sapete, l'età, quella che è. Girando per Laguna, in sella all'inseparabile Scheggia, non pedalo più così energico.
Don Giovanni, il playboy mancato, dicevano di me gli amici, sfruttando il mio nome, il successo con le donne e il mio totale disinteressamento. Ancora loro non sapevano, ancora non sapeva nessuno, solo a Dio e al mio confessore avevo svelato i miei progetti.
Me ne andai da Laguna, per lunghi anni, quando tornai era l'80, Don Giovanni lo ero sul serio, con tanto di tonaca nera. Mi affrettai, comunque, a precisare che preferivo essere chiamato Don Giò, ragioni più che evidenti.
Quando il vecchio parroco morì, rimasi solo io, a Laguna, l'unico prete dell'unica chiesa e vi sono rimasto per quaranta stagioni, di pesca e raccolto, ringraziando Dio ogni mattina, per questo mio ufficio. Essere parroco a Laguna è un'esperienza particolare. In ogni senso.
La mia Chiesa, dedicata alla Madonna, è affacciata sul mare, già un privilegio grandissimo....


Ben presto capii, che, se c'era qualcosa da poter fare, per servire veramente Dio, era mescolarmi a loro, vivere le loro vite, diventare amico, confidente e guida, prendere familiarità con le loro case, fargli sentire la mia vicinanza, acquisire la loro fiducia, portare il Verbo nel loro semplice mondo, con il loro semplice modo.
Devo ammettere, il rapporto con i miei fedeli non me lo sarei mai immaginato così splendido. In sella alla mia Scheggia, la tonaca in mano, altrimenti mi si impiglia, percorro il paese e faccio visita alle mie pecorelle.
Gli uomini si fidano di me, mi vedono uno di loro, che può realmente migliorare le loro vite nella pratica, con i giusti consigli del Signore.
Le donne si fidano di me, dicono di leggere la bontà, nei miei occhi trasparenti.
Cerco di rimanere giovanile, per permettere anche ai ragazzi di fidarsi maggiormente di me.
Anche i bambini piccoli si ricordano di me, per come vado in bicicletta, una mano sul manubrio e l'altra alla sottana.
Potrei essere felice del mio operato, ma Dio ci insegna, le nostre aioni non sono mai abbastanza, infinitamente meglio avrei potuto servirlo. E allora? E allora ogni notte mi ritrovo qui, a narrare la mia esistenza a mezza voce, e interrogarmi sulle mie azioni, ogni notte devo superare un esame con me stesso, si ripeterà sino a che avrò voce e lucidità. Poi verrò a quello finale, con il Signore.
Una cosa però, la devo confessare, durante questi miei esami ho un vezzo. Rivivo con particolare emozione le cerimonie, da me celebrate, che mi hanno più colpito. Tra battesimi, matrimoni e funerali, ripercorro anche la storia dei Laguni insieme alla mia; i pensieri vanno alle loro anime.
Tra qualche mese si aggiungerà un matrimonio alla mia lista, sposerò due cari ragazzi, li ho visti crescere, adesso due giovani fantastici, cui dedico molte mie preghiere.

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