lunedì 26 novembre 2012

una lettera


Una bottiglia vaga nel mare. È una bottiglia di vetro opaco, verde scuro. Il tappo di sughero ben sigillato con la cera. Sembra provenire dai tempi remoti e da leggende della superstizione popolare. Siamo a largo della Sicilia.

Karol!
Mio amato giglio, e vento odiato. Solo il mio cuore sa, l'amore che mi hai infuso dentro appena ti ho visto, e il dolore che mi hai provocato, da quando ti ho meglio conosciuta.
Figlia della libertà, mi sono illuso di poterti tenere in gabbia, povero sciocco che sono.
Ho causato pene ad entrambi. Nonostante tutto, spero ogni giorno di ritrovarti; che tu, uccellino, torni da me.
Non sono o no, un meschino uomo triste?
Poterti avere, l'abbaglio più grande della mia esistenza.
Ogni sera, torno a passeggiare sulla riva, un uomo solo con la sua fedele pipa, nella vana speranza di ritrovarti, acqua di fonte per la mia povera anima, altrettanto bella, pura e sfuggente.
Da sempre.
E, ogni sera, l'incontro muore dentro me, torno a casa, anche il passo silenzioso del Persiano mi è angusto, nella notte stellata.
Non ti voglio rattristare con lo strazio di un povero amante, ti scrivo per parlarti di tuo figlio, mio figlio, nostro figlio, unico frutto di uno sterile amore. Ma era dunque amore, il tuo? O capriccio passeggero di una mente troppo labile.
Anche da lui solo delusioni; poichè, occhi di gatto, non ti sei portata via anche lui, nella tua fuga? Lui che ha i tuoi occhi felini e nel corpo cova la stessa brama, la stessa inquitudine, lo stesso febbrile bisogno, di cosa non si sa.
Guardo lui e vedo te, le sue mani narrano per me i dolori che mi hai provocato.
Speravo avesse ereditato il mio carattere almeno, dal momento che con tale fardello sulle spalle mi hai abbandonato. Ma io sono medico, non padre, e padre mai lo sarò.
La sua natura si è dunque plagiata, sull'immagine di una madre che mai ha conosciuto e di cui non sa niente. Almeno non da me, l'unico nell'isola ad aver annusato la tua essenza.
Ho creduto negli ultimi anni che si fosse ravveduto, ottimi studi in medicina lo avrebbero condotto a prendere il mio posto, mio unico desiderio riguardo alla sua vita. Ebbene, proprio ieri sera mi ha profondamente deluso, la stessa delusione che da più di venti anni mi arde, la stessa delusione che mi infliggesti tu, sua madre.
La sua pelle, che ha il tuo stesso sapore, ha inspiegabilmente lasciato gli studi, di punto in bianco. Farà il guardiano della spiaggia, sai che onore. Compagno di una donna fuggita e padre di un anonimo portinaio del mare. Che soddisfazione!
Vanvera di sogni e desideri, inclinazioni e bisogni naturali. Quando capirete che sono solo parole vane, che la vita non è luogo di sognare? Non avrei mai mai salvato tutte le vite umane che mi sono capitate nella mia carriera, se mi fosse trastullato nelle vostre chimere.
Si aggiuange amarezza ad altra amarezza, ma forse tu, attrice girovaga, non conosci tale parola. E come potresti? La tua vita scorre cieca, nell'incoscenza dei tuoi desideri.
Ti imploro ancora una volta, torna e cambia per me. Sei sempre in tempo, come io sono sempre in tempo a mostrarti cosa è la vita se tornerai.
Lo sarò sempre, fino alla morte.
O mare, talvolta impetuoso, talvolta calmo, ora tiepido e ora freddo, trasparente come la purezza, nero come la paura, porta il mio messaggio alla mia amata Musa che io tanto odio; portaglielo per me, ovunque ella sia.
Giuseppe

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