CHI
È SERGIO?
Già,
chi è in realtà quell'uomo piccoletto, così silenzioso che,
nessuno, conosce davvero bene?
Sergio,
gentile e riservato, sempre in ordine, sempre con la stessa
espressione stampata sul volto.
Sergio
è un cassiere della banca, via Rosmini angolo via Volta, sì proprio
quella, davanti al fioraio.
Si
mi dica, di cosa ha bisogno signora? Per questo si deve rivolgere al
mio collega. Posso avere il numero del conto? Come desidera.
Poi,
ogni sera, compra una rosa rossa e la porta a casa. Arriva a piedi,
sono solo dieci minuti di cammino, vie anonime, sempre gli stessi
passanti, con le stesse stanche facce, incontra.
Sergio
abita in un bilocale, al terzo piano di un palazzo della periferia,
vista sul cortile in cemento da un piccolo balconcino. Sale le scale,
non prende mai l'ascensore, apre la porta, serratura di sotto due
mandate, serratura di sopra quattro, lascia la rosa da qualche parte.
La mattina successiva la butta. Sempre. Non so il perché.
Sergio
vive solo, non ha moglie né altre donne nella sua vita. Nessuno che
si ricordi di averlo visto in dolce compagnia. Ormai va per i
quaranta.
Non
ha animali in casa, neppure un pesciolino rosso, e non ama le piante.
Nel suo balcone tiene solo la biancheria ad asciugare, nient'altro.
Abiti, grigi come lui.
Anche
il piccolo appartamento è grigio, anonimo, dozzinale.
Sergio,
il lunedì sera, ogni lunedì sera, gioca a calcetto con vecchi
compagni. Dalle nove alle dieci, dopo, subito a casa, non rimane mai
fuori, nemmeno a primavera, quando l'aria è invitante. Si ode per un
poco lo scrosciare della doccia, poi, la luce si spegne fino al primo
mattino.
Sergio,
il martedì sera, ogni martedì sera, guarda la tv, trasmettono una
vecchia serie poliziesca che gli concilia il sonno. Ogni anno esce
quella successiva, le storie si ripetono, sempre uguali, sta per
iniziare la dodicesima, mi sono informato ieri. Sergio registra tutte
le puntate, su vecchie VHS; in attesa della serie successiva, le
riguarda. Sempre di martedì. Alle 22:30 la serie finisce, che sia in
diretta o registrata, e dopo poco la luce si spegne, fino al mattino.
Sergio,
il mercoledì sera, ogni mercoledì sera, va al cinema, c'è lo
sconto convenzionato con la banca; è insieme ad un collega, solo
come lui. Se preferiscono film differenti, guardano film differenti.
Sergio giallo, il collega commedia d'amore; Sergio azione, il collega
dramma sentimentale; Sergio horror, il collega animazione. Comprano
insieme i popcorn, prima dello spettacolo, e si aspettano, dopo, per
augurarsi la buonanotte. Il mercoledì sera è facile che ritardi un
poco, rispetto al solito.
Sergio,
il giovedì sera, ogni giovedì sera, approfitta della piscina
comunale, quella in fondo all'isolato, che fa apertura serale
chiudendo più tardi, 22:30 per la precisione, e va a nuotare. 22:00,
tutti fuori dall'acqua, poi mezz'ora per cambiarsi. Entro le undici
ha già spento la luce del suo appartamento.
Sergio,
il venerdì sera, ogni venerdì sera, botta di vita, va a cena fuori.
Ospite fisso del collega depresso, vedovo da una vita, solo pure lui.
Da quelle serate scappa presto, con la scusa della stanchezza,
accumulata in settimana. E, più o meno alla stessa ora, sta
dormendo.
Sergio,
di sabato, poiché è un brav'uomo, si occupa della casetta. Si
concede solo qualche ora di sonno in più, poi riassetta e pulisce,
fa il bucato e stira quello della settimana precedente, scende al
supermercato e torna con lo stretto indispensabile per i sette giorni
successivi. Nel pomeriggio, il barbiere. Per la sera ordina una
pizza.
Sergio,
la domenica, si alza di buon ora e va in stazione. Circa un paio
d'ore con un regionale vecchio e sporco, immerso in un paesaggio di
cartongesso, sempre uguale, sempre grigio. Arriva in un paesino,
sperduto nel nulla, avente nome Zibbo. Nel cartello della stazione è
orsì ZIB O.
Di
domenica, Sergio, pranza dalla madre. Lasagne troppo secche, arrosto
troppo crudo, e patate al forno troppo bruciate. Poi tiramisù troppo
carico e caffè troppo sciapo. Verso metà pomeriggio la saluta e
torna a casa, ormai il week end è finito.
Domani
Sergio ricomincerà con il suo lunedì. Il suo solito lunedì, sempre
grigio, sempre uguale.
Sergio
è un uomo metodico, la vita sembra capire, mai gli offre imprevisti,
mai niente sconvolge i suoi ritmi. Sergio, oltre a essere molto
metodico è anche molto solo.
Combatte
il senso di vuoto con la sua metodicità, vanamente.
CHI
E' ADRIANA?
Dire
Adriana è dire vita. Adriana, se abiti in zona, la conosci di
sicuro. È quella ragazza sudamericana, bellissima, che gira per le
vie, sempre sorridente. Più che altro conoscerai la sua risata, così
fresca e cristallina.
Adriana
abita nello stesso palazzo di Sergio, all'ultimo piano; puoi sempre
sapere se è casa, basta tendere l'orecchio aspettando che quella
risata si rifranga sulle scale.
Adriana,
che il suo nome di battesimo lo cela a tutti, è arrivata in città
dal Portorico da pochi anni, totalmente sola e spaesata, adesso
insegna balli caraibici in un paio di scuole e vive con il fidanzato,
portoricano anche lui. L'uomo, invece, dubito che tu lo conosca, non
c'è mai, viaggia spesso per lavoro, quale sia il lavoro non si sa.
Dopo molte settimane di assenza, torna per qualche giorno, sono i
soli pochi giorni che i vicini la vedono triste, la sentono litigare.
Lei vorrebbe non farlo partire più, trattenerlo, cambia lavoro,
rimani con me, litigano sempre, poi, all'improvviso, lui sparisce
di nuovo, per tornare chissà quando.
Adriana
la mattina si alza tardi e, con il caffè in mano, esce sul suo
balcone, più grande di quello dei piani inferiori, e stira i suoi
muscoli. Ha già acceso la musica, da dentro, nell'appartamento. Per
venti minuti buoni rimane così, una gamba al suolo, l'altra
appoggiata alla ringhiera, tendendola al massimo. Poi inverte. Ha
belle gambe Adriana, da ballerina. Chi la vede non si gira, anzi. Lei
non si offende, ride, ti saluta. Buon giorno signor Rossi. Ni hao, Mr
Hung.
Poi
inzia a danzare, da sola, con un cavaliere immaginario.
Al
ritorno dai suoi corsi lava i lunghi capelli setosi, nei mesi più
caldi li asciuga al balcone, la testa totalmente piegata in avanti,
canticchiando, totalmente assorta. Il profumo di muschio che emanano
si spande in tutto il cortile. È un'ora in cui il palazzo è pieno,
molti uomini affacciati l'ammirano pettinarsi. Sergio non vi ha mai
fatto caso.
Di
sera, Adriana esce sempre, solo pochi sono svegli, quando i suoi
passi leggeri salgono veloci tutte le scale fino all'ultima rampa,
con la chiara luce dell'alba. Nemmeno lei usa l'ascensore, deve
tenersi in forma.
Ogni
tanto esce con altre ragazze come lei, compagne, non amiche, vanno a
ballare in qualche locale del centro. Ogni tanto esce sola, va a
esibirsi, ballando, in qualche locale di periferia, per arrotondare.
Non importa dove sia stata, Adriana non torna mai a casa sola. Con
lei un uomo, sempre diverso, sempre che si trattiene poco, se ne va
quando ancora sono pochi quelli svegli, che lo possono vedere.
Anche
Adriana è una persona sola, molto sola, lontano dalla sua casa e dal
suo uomo.
Con
la danza e il piacere a pagamento combatte il senso di vuoto, ma
anche la sua è una lotta vana.
CHI
È MARIA?
Oppure,
per essere cortesi, anche se lei chiede il tu, la Signora Maria?
Maria
che gira onnipresente per i corridoi? È mastodontica e senza età,
non potete non averla vista. Anche lei, non vi stupirete più, abita
lo stesso palazzo degli altri, nello stesso grigio quartiere, della
stessa grigia città, dimenticata dal mondo. E anche lei usa le scale
non l'ascensore, ha paura, di questi congegni moderni.
Lei
vive in un appartamento al primo piano; senza piccolo balcone i piani
più bassi, mi dispiace. Insieme a Rocky, il suo vecchio barboncino
grigio. Cioè, un tempo era bianco il cane, ma poi, sarà il posto,
sarà l'età, è diventato così anche lui. Prima, la signora lo
portava a spasso fuori, a ogni ora, per combattere la noia; adesso,
anche il cane si è stancato, inizia a ringhiare se tenta di farlo
scendere una volta di troppo. E, in casa, non è molto di compagnia.
Maria
dorme poco e all'alba è in piedi, lei, Adriana rientrare, la vede
sempre; una sistematina alla casa e una al cane, almeno UNA
passeggiatina di mattina e UNA di sera sì però, non fare troppe
storie, guarda le notizie, guarda il meteo, compra il pane e il
latte, e poi?
E
poi inizia la noia.
Ecco
perché la trovi costantemente in giro per i corridoi alla ricerca
del burro. Ma quale burro e burro, chi ci crede più, ormai? Qualche
pensionato o qualche casalinga ci deve essere per forza. In fondo il
pettegolezzo è sano, in piccole dosi; sa già tutto di tutti e il
gioco dura poco. Nel suo giro ha trovato la signora Rosa, che non sta
molto bene, su via non faccia complimenti, le faccio io la spesa.
Devo passare anche in farmacia? Altri minuti che scorrono. Anche il
signor Anselmo è influenzato. Non le serve niente? Ne è proprio
sicuro? Vabbè, vorrà dire che almeno mi lasci cucinare per lei,
altrimenti come avrebbe fatto? È inutile per il povero Anselmo
spiegare che il suo è solo un raffreddore molto forte e che la
figlia gli ha lasciato l'insalata di riso in frigo, Maria è già
partita verso i suoi fornelli. Già che c'è, farà anche i biscotti
per quel figliolo che abita al secondo piano, sembra così denutrito,
piccinino. Che, Rocky, secondo te il portiere la gradirà una
bella crostata? Ormai sono qui. Infornata dopo infornata giunge
il pomeriggio. Va alla scuola, a prendere il nipote della sua vicina,
che ha sempre qualcosa da fare. E altro tempo passa. Poi, la funzione
del pomeriggio; non è così religiosa, ma non ne perde una. Occupa
il tempo sentendosi migliore. Alla fine si ferma, per parlare con il
parroco, in sacrestia. Padre, c'è qualcosa di cui avete bisogno?
Qualcosa che posso fare per rendermi utile? Grazie, Maria, non ti
preoccupare, fai già tantissimo, lo sai che alla minima cosa te lo
faccio sapere, non ho niente di nuovo. La donna torna a casa,
intristita. E sfoga il suo malumore su Rocky, con la seconda
passeggiata della giornata.
Tornata
a casa beve un tè con i biscotti. Quelli che voleva portare al
ragazzo e si è scordata. Porterà la crostata a lui, allora.
Poi
sferruzza, nel via vai del rientro serale. Intanto il profumo di
muschio si spande nel cortile. Sta facendo sciarpe colorate, su
sciarpe colorate; appena arriverà il freddo inizierà a regalarle in
giro.
Finalmente,
con il buio, si sdraia nel suo vecchio letto.
La
signora Maria non si ricorda da quanti anni conduce quella vita,
immersa nella noia e nella solitudine.
Con
la scusa di aiutare il prossimo combatte il suo vuoto, vanamente.
CHI
È PINO?
E
qui ci divertiamo, ve lo prometto; Pino è il Portiere, che tutto
vede e che di tutti sa; Pino sono io.
Questo
palazzo, sapete, è un alveare, che pullula. Tanti piccoli
appartamenti, tante celle che puzzano di solitudine e grigiore. Anche
le vite, quelle che sembrano più belle, da qui, dal mio posto,
appaiono nella loro grettezza, nella loro mediocrità, le crepe
rivestite di stucco non si possono nascondere, agli occhi di un
portiere.
Io
vi vedo la mattina scendere in strada, con gli occhi ancora gravidi
di sonno, io vi vedo ritornare a sera, con, nella pelle, sudore
stanco e stressato, io sento i vostri discorsi, ascolto le vostre
litigate, conosco i vostri segreti, le vostre confessioni, la vostra
spazzatura la divido io, io raccolgo le cose che vi cadono dalla
finestra, io smisto la vostra posta, agli occhi di un portiere nulla
sfugge.
Io
non ho una vita, non ho più una vita, o, meglio, questa è la mia
ultima vita, in cui ho deciso di non vivere; molto tempo mi rimane,
per spiare le vostre. È solo un modo per non addormentarmi, qui,
seduto nella guardiola stretta, con la testa appoggiata al tavolino
sgangherato.
Buona
sera signora Anna, come sta?
Credete
sia divertente? Che mi interessi davvero sapere dell'ulcera del suo
persiano?
Anche
io sono molto solo, sapete? È una solitudine più infinita di tutte
le vostre. Ci ho messo molto a trovarla, la più sperduta, la più
anonima, la più uniforme. La più sicura, l'unica sicura, credo. Chi
lo guarda mai, realmente, in faccia, il portiere? Quello là dietro
al vetro, nello sgabuzzino? Avete troppo da fare, voi, e fate bene, a
ignorarci; chi siamo noi, portieri? Per il resto devo aspettare, e
chissà se verrà mai il giorno. O meglio, la notte.
Non
ci state capendo niente, vero? Avete ragione. Infatti, come sempre,
ho sbagliato. Nemmeno un inizio so fare. Parto dalla fine, poveri
voi. Perché oggi ho capito di avere un'altra possibilità, di non
addormentarmi, intendo. E forse qualcuno di voi, potrà avere anche
beneficio dalla mia storia. Ritroverete fatti, parole, momenti e
persone delle vostra e capirete alcuni perchè. Forse.
Ho
deciso di raccontare la mia storia, qui dietro, con il tavolino che
balla, scrivo e scrivo; la signora Anna passa col persiano tra le
braccia, nemmeno si accorge, che non l'ho salutata.
Venite
con me?
Se
venite, io mi impegno a non ingarbugliarmi troppo, ma se sbaglio
fermatemi, mi raccomando.
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