Dopo aver nascosto tutto sotto il letto,
apre la porta, la casa è piccola, ma l'uomo è anziano, gesti
precisi da orefice, molto lenti. Al di là una donna, come lui
anziana, attende, dubitando che sia in casa. Il sorriso ricambiato,
genuino quello di lei, cortese di lui, che di lato si sposta per
lasciarla entrare.
Come stai? Alzata di spalle.
L'anziano signore poco gradisce la
visita della sua dirimpettaia, ma è un anziano cortese e ospitale,
sui fornelli una caffettiera attende, pronta per ricevere il calore
della bassa fiamma. Con eguali gesti misurati la mette a bollire, poi
si accomoda.
Seduti l'uno di fronte all'altro, i due
ospiti non dicono una parola, solo con le tazzine in mano
scioglieranno le loro lingue.
Abbiamo il tempo di guardarci in giro.
La stanza ampia, ma spoglia, si
abbraccia con un'occhiata. Una vecchia cucina sbeccata, il forno
usato come dispensa, sembra decenni che sia così, intorno al tavolo
quattro sedie spaiate, logoro il divano, sotto il lenzuolo che lo
ricopre. Una lampada del dopoguerra troneggia incontrastata.
Nell'unico mobile, che a tutto serve, poche foto sono esposte, tra i
soggetti un volto di donna, bella e austera, nella stanza si respira
la sua mancanza. Le stesse foto intravediamo nella camera da letto,
egualmente spoglia, egualmente triste.
Ecco abbiamo finito, salvo che per una
specie di magazzino, la chiave che lo chiude è nella tasca
dell'uomo.
Fischia la moka sui fornelli, ed è la
donna da alzarsi, pochi anni in meno e poche energie in più gli
impongono questo dovere. Movimenti precisi, di chi conosce
l'ambiente. Vissuti per anni vicini, solo il buongiorno era
d'obbligo. Fino a pochi anni prima due anziane coppie si ignoravano
felicemente; candido amore degli anni sfioriti si consumava dietro a
quelle mura. Entrambi vedovi, nel giro di un mese, rimasero.
L'uomo meccanicamente il suo cucchiaino
nella tazza girava, ascoltando il tintinnare nella porcellana, per
una vita sua moglie gli aveva girato il caffè; la donna lentamente
muoveva il suo, per una vita aveva mescolato anche quello del marito.
Molto sola si sentiva, adesso, e la solitudine si sommava al dolore;
anche il mio vicino si dovrà sentire così, pensava. Era il giorno
in cui, per la prima volta, aveva bussato. Un vassioio di biscotti
appena sfornati che poi non portò più, erano quelli che faceva al
marito; a presentarsi per il caffè, continuò.
L'uomo arso dal dolore preferiva la
solitudine, mai disse niente, ma neppure lei chiese. Lei non
chiedeva, parlava, raccontava, esponeva, argomentava; come risposta
qualche breve cenno di assenso le poteva bastare. L'uomo non
l'ascoltava più, alla donna.
Le piante del suo balcone morte durante
l'afosa estate lo trovarono intento a guardarsi le mani. Mani
vecchie, stanche, rugose, macchie della pelle che geometrici motivi
disegnavano.
Passava ad osservare il viso della
defunta moglie, e la donna che mai aveva avuto la patente, passava a
lamentarsi del caro benzina. Quel viso da Gioconda, serio che
sorride.
Dalla benzina, e se c'era un nesso lo
perdevo io, arrivavano al cuciolo che la donna voleva adottare, ogni
giorno un animale diverso. All'uomo cadeva lo sguardo su quel libro
segreto che, male aveva nascosto sotto il divano.
Le campane della chiesa, oggi lo
salvano, la donna sparisce dietro alla porta.
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